Sono passati vent’anni da quando Matteo Maestrello ha vestito per la prima volta la maglia del BCJesolo. Vent’anni lunghissimi che sembravano appena “ieri” quando “Mays” è tornato a casa quindici anni dopo per giocare con noi e suo fratello Nicola nel gennaio del 2015.
La prima volta di Matteo, poco più che diciottenne, era con il compianto Lino Rossetto in panchina con Mauro Zorzan come giocatore. Come lunghi c’erano Maltecca e Stefano Garzara, come play Nicola Perissinotto e il mai dimenticato Giorgio Zecchin, Tonicello come guardia ai quali si aggiunse anche Riccardo “Easy” Serena.
La seconda volta jesolana era in serie D. Con suo fratello Nicola che allora era capitano, Nicolino Ruffo ed una schiera di ragazzi “terribili” del vivaio. Da quel momento, gennaio 2015, Matteo Maestrello ha giocato per sei anni con noi fino alla fatidica serata di Rovigo che ci ha portati in B, domenica 27 giugno.
Matteo abbiamo una sola domanda. PERCHE’?
“PERCHE’ è arrivato il momento di smettere” dice il nostro capitano. “Ho 40 anni, una figlia in arrivo, Giovanni sta diventando ogni giorno più grande, adesso ha otto anni e le responsabilità iniziano ad essere tante come genitore. E poi quando faccio le scale per andare al lavoro ho male dappertutto”.
“A parte la famiglia e la “vecchiaia” (quelli come me sono diversamente giovani”) sono tre i motivi principali che mi hanno spinto a prendere la decisione di ritirarmi dal basket e di smettere di correre dietro alla palla. Il primo è che sono arrivato dove volevo arrivare con il Secis BCJesolo, non posso chiedere di più. Ho vinto la C Silver, due campionati di C Gold e credo di avere dato tutto quello che avevo in corpo alla squadra della mia città. Ho finito la carriera di professionista e sono tornato a Jesolo per giocare assieme a mio fratello. Prima è stato lui il mio capitano, poi sono stato io il suo”.
“La seconda motivazione è la promessa fatta a mio papà Renato. Con lui ho iniziato a giocare a pallacanestro all’età di nove anni. Quando i miei amici hanno scelto il calcio come sport da praticare li stavo seguendo anch’io con loro” ci racconta Matteo. Ma mamma Serenella e papà Renato mi hanno insegnato che quando dai la tua parola la devi sempre mantenere. Ho finito l’anno poi ho fatto la mia scelta di sposare la pallacanestro al posto del calcio. Ho avuto ragione ad ascoltare i miei genitori”. Quel venerdì della semifinale con Oderzo ero andato a salutare mio papà in ospedale all’ora di pranzo. Gli avevo fatto una promessa: vincere il campionato e poi mi sarei ritirato, perché senza di lui che mi seguiva ovunque non avrei potuto più continuae a giocare. Lui era sempre presente in palestra quando giocavo adesso che non c’è più non ha più senso continuare. Con lui ho iniziato, senza di lui finisco”.
CHIEDETEGLI SCUSA. “C’è un altro motivo che mi preme dire. Tre anni fa mi davano per finito. E’ stato un grosso sbaglio. Sono io che decido quando è il momento di ritirarmi, gli altri non si devono permettere di affermare certe cose. “Smetto quando voglio” come il titolo del film del 2017 con Edoardo Leo e Stefano Fresi. Se qualcuno vuole mandarmi un messaggio di scuse, il mio numero ce l’hanno sicuramente”.
CHI LO SAPEVA? “Lo sapeva solo Sandy, mia moglie. Lei ha insistito che continuassi ancora, ma avevo le mie buone ragioni, adesso farò il papà e sono pronto a dare una mano alla società se hanno bisogno dei miei consigli, di fare da intermediario con nuovi giocatori. Simone Manzato ha già coniato il mio nuovo ruolo all’interno della società. Lui mi vede come “BCJesolo Ambassador”.
A PROPOSITO DI SANDY. E’ IN ARRIVO (MARIA) VITTORIA. “Sì, la chiameremo proprio così: Maria o Maria Vittoria. Sicuramente ci sarà Vittoria. Sandy ed io abbiamo deciso di chiamarla così perché abbiamo saputo che era una femminuccia il giorno dopo la finale vittoriosa di Rovigo. E poi perché è una vittoria epocale avere una “femminuccia” in casa Maestrello. Siamo tutti maschi. Mio papà ne sarebbe stato orgoglioso e sono sicuro che l’avrebbe amata con tutto se stesso come ha fatto con Giovanni. Era Renato che portava Giovanni a tutti gli allenamenti, ha vissuto per Giovanni e per il basket. Adesso, come tradizione vuole” ci fa sapere Matteo toccherà al fratello più grande Pier Carlo occuparsi del Giovanni sportivo”.
Mio papà ha fatto in tempo a sapere che aspettavamo un altro bambino e ci ha regalato un paio di scarpette porta fortuna” ricorda con grande affetto Matteo Maestrello.
SECIS BCJESOLO TATUATO NEL CUORE. Nella sua seconda vita da giocatore del BCJ Matteo Maestrello ha condiviso momenti di pathos eccezionali. Dove lacrime di gioia per momenti indimenticabili sono state rimpiazzate da lacrime di tristezza infinita.
“In questi anni è successo di tutto a livello motivo” ricorda il nostro capitano. “Ho chiesto a Sandy di sposarla, Nicola Ruffo aspettava l’arrivo di Maddalena, Andrea Delle Monache e Marco Zatta stavano per diventare papà per la seconda volta. Tomas Munaretto ci aveva annunciato con si sarebbe sposato con la sua Benedetta. Adesso toccherà anche a Nicolino Ruffo. E c’è stata la festa dei 50 anni del B.C. Jesolo, mezzo secolo di vita”. Poi ci sono stati i momenti molto tristi come la morte della mamma di Pier Carlo Cia, la scomparsa di Lino Rossetto e di Mario Bars due colonne portanti del BCJesolo. E quella di Claudio Marigo figura fondamentale per la nostra vittoria del campionato ad Oderzo il 21 maggio 2017”.
“Quando abbiamo vinto la finale con Imola, il giorno dopo ho portato la Coppa in fioreria come vuole la mia tradizione. E sono andato in cimitero a mostrarla a mio nonno e a mio zio Toni”.
LA FEDE. “La fede del mio matrimonio con Sandy è sacra. Prima di ogni partita la davo a Mauro Zorzan che me la tenesse. Se la infilava nel mignolo perché nella sua manona grande era l’unico dito in cui gli passava. Questo gesto, scaramantico, rituale o superstizioso, è sempre valso tantissimo per me. Sandy mi ha dato tutto e passando l’anello ha Mauro era come gli comunicassi tutto l’amore che ho per la sua famiglia. Quando ero piccolo mio papà mi portava sempre a vedere Mauro Zorzan giocare. La sua famiglia per me è un po’ il mio secondo focolare. Posso dire di avere dato tanto allo Jesolo, ma ho ricevuto anche tanto da chi mi è stato molto vicino in questi anni”.
IL SALUTO ALLA SQUADRA. “Quando mi sono congedato dai miei compagni è stato dopo la partita con Oderzo. Ho detto loro che avrei lasciato la pallacanestro ma sapevo che il passaggio di testimone finiva in ottime mani. La serie B è una categoria molto difficile. Più vicina alla A2 che alla C Gold come livello di gioco. Sono sicuro che daranno il massimo e che non si tireranno indietro”.
NUMERO 10 PER SEMPRE. Forse sarà il caso di ritirare la divisa con il numero 10 dalle maglie di gioco. Matteo lo ha sempre indossato, a parte il metà anno fatto in serie D. Tutte le squadre fanno così con quei giocatori che hanno fatto la storia di un club. La società ci penserà e quella maglietta finirà non nell’armadio ma incorniciata e messa nella nostra bacheca.
LA MIA TESTIMONIANZA. Certe cose andrebbero scritte sul proprio profilo facebook perché personali e narrate in prima persona. Ho conosciuto Matteo ventidue anni fa quando calcava il parquet della D’Annunzio. Facevo il corrispondente sportivo, ero alle prime armi e come di consueto andavo a prendermi i nomi dei giocatori al tavolo del referto. Ieri non c’era la tecnologia di un tempo e si sa la C2, oggi come un tempo, non obbliga la compilazione on line degli scout e del play by play. Matteo stava facendo stretching e mi fermai a salutarlo. Fu come parlare con un raggio di sole. Ritrovatolo dopo anni tra i professionisti, il sorriso, la testa sulle spalle, l’umiltà erano rimaste intatte. Ti veniva spontaneo cercarlo subito una volta entrato in palestra. Da domani, parlando sempre in prima persona, mi sentirò un po’ più solo, nonostante tutto il bene che provi per gli altri ragazzi. Matteo ha aiutato anche me nei miei momenti più difficili del mio percorso di crescita e per questo ne vado fiero ed orgoglioso.
GRAZIE MATTEO,