Veronica Consolini, unica allenatrice donna di squadre maschili nel Veneto, è una giovane coach che ha trovato la sua dimensione a Peschiera, dove è stata in grado di unire due squadre differenti e renderle “un gruppo unico di ignoranti con cuore”. Sì, perché tramite il suo lavoro, Basket Peschiera in Serie D e Arilica Basket in prima divisione fanno una la spalla dell’altra, raggiungendo ottimi risultati e collaborando insieme con un unico obiettivo comune: Crescere.
Nella tua carriera hai allenato Trento, la Rappresentativa Veneto e anche la Nazionale giovanile: qual è il bagaglio tecnico che ti ha lasciato ciascuna esperienza?
“Tre esperienze molto diverse tra loro. Trento era una realtà in crescita, che iniziava a produrre basket femminile, con un mondo tutto da costruire, dove ho iniziato ad allenare ed ero io stessa da formare come allenatore. La Rappresentativa Veneto mi ha dato la possibilità di lavorare con tre annate di eccellenza: allenare giocatrici di qualità sicuramente facilita il lavoro ed ha contribuito alla mia crescita come coach in modo esponenziale. La Nazionale invece mi ha permesso di aprirmi ad un mondo estero, di conoscere una fisicità che in Italia è difficile trovare. Ciascuna di queste tre esperienze, in modi e circostanze differenti, ha creato una parte dell’allenatrice che sono adesso.”
Sei stata anche in America per studio: quali le caratteristiche del basket negli States?
“Mondo sicuramente del tutto diverso, dove ho visto realtà che qui potrebbero crearsi considerate le potenzialità esistenti. In America vivi 24 ore al giorno in contatto con giocatori e allenatori e grazie a questo sono cresciuta tanto dal punto di vista mentale. Grande è la voglia di migliorare a livello individuale: quasi tutti i giocatori, anche giovani, oltre agli allenamenti di squadra, lavorano singolarmente con personal trainer. Negli States chi vuole diventare giocatore vive immerso in questa mentalità, unendo sport e studi, mentre in Italia i giovani vivono due contesti separati, scuola e basket. Un cambiamento sta però iniziando ad esserci con la proposta di attività cestistiche estive: io stessa ho iniziato ad allenare giovani durante l’estate.”
Arrivando ad oggi, ottimi i risultati con la serie D attualmente seconda in classifica, ve lo aspettavate?
“A inizio stagione non ci aspettavamo dei risultati così positivi. Tutti ci davano per la parte bassa della griglia playoff, considerato anche il fatto che, durante l’estate, avevamo perso giocatori in ruoli che, ancora oggi, abbiamo non completi per quanto riguarda la profondità del roster. Ciò riguarda specialmente il reparto lunghi, anche se i giocatori nuovi ci hanno dato sicuramente tanto e una gran mano. L’obiettivo era quello di confermare i buoni risultati della passata stagione con l’ingresso ai playoff, ma ormai possiamo dire che l’ottimo campionato disputato sino a qui ci permette di alzare l’asticella e di sognare in vista della post season.”
Anche con la prima divisione, i playoff ormai sono assicurati, una squadra giovane che si sta dimostrando competitiva.
“Quello della prima divisione è un progetto nato per non perdere il gruppo dei 99/00, che io alleno ormai da quattro anni e potremmo dire che ho visto crescere. Ci è sembrato il campionato più adatto per far maturare i nostri ragazzi, considerato che un campionato regionale giovanile sarebbe stato impegnativo per una realtà come la nostra. Questa scelta si è dimostrata redditizia anche per quanto riguarda la serie D, perché, quando i ragazzi della prima divisione vengono chiamati, hanno già un’esperienza da senior alle spalle essendo alcuni di loro protagonisti nel proprio campionato. Anche qui siamo partiti senza alcun tipo di aspettative, con un girone di andata che ci è servito per carburare e che abbiamo chiuso con 5 vittorie e altrettante sconfitte, ma con un girone di ritorno in cui siamo in positivo con 5 vittorie e 3 sconfitte a due giornate dal termine della regular season, a testimonianza del percorso di crescita fatto da questa squadra. Quindi decisamente bene.”
Quali sono le differenze fisiche e psicologiche nell’allenare ragazzi e ragazze?
“A livello di gioco non vi è alcuna differenza, in quanto la pallacanestro rimane sempre lo stesso sport. Dal punto di vista psicologico, posso dire che le ragazze sono più complicate, perché si “legano al dito” le cose che succedono in campo: diciamo che sono più maliziose, ma capiscono velocemente quello che viene loro chiesto dal punto di vista tattico e del gioco. I ragazzi si danno “qualche botta in più” durante la partita, ma in genere fuori dal campo restano amici; talvolta distratti e superficiali, appena fanno proprio uno schema di gioco i risultati agonistici che ne conseguono sono più evidenti rispetto alle ragazze. Per quanto riguarda il fisico è naturale che ci siano differenze, anche se a livello femminile, sotto questo aspetto, si sta crescendo moltissimo: l’esempio più chiaro di tutte è sicuramente Cecilia Zandalasini. A mio avviso è più facile gestire uno spogliatoio maschile, perché il clima è in genere più fraterno e questo permette di far coesistere diverse tipologie di carattere. Detto questo di certo io non ho mai cambiato il mio metodo di allenare: sono dura, urlo e pretendo da tutti allo stesso modo sia con i ragazzi che con le ragazze.”
Sei un’allenatrice molto passionale, pensi sia questo alla base dei risultati che stai ottenendo?
“Sicuramente essere un’allenatrice molto passionale mi ha aiutato, soprattutto all’inizio della mia carriera, quando, dal punto di vista tecnico, ero un po’ più carente. Credo che questo aspetto mi permetta di trasmettere la mia voglia di vincere e penso sia d’aiuto sia alle mie squadre che a me stessa. Dietro ci dev’essere però anche altro, come la qualità tecnica che pian pianino sto maturando, studio tanto, passo ore a guardare le partite, a leggere, a informarmi e a parlare con allenatori molto più esperti di me. La passione però non morirà mai: il giorno in cui mi vedrete allenare una partita seduta per 40 minuti sarà il giorno in cui dovrò smettere di fare questo mestiere.”
Quali sono i tuoi progetti e magari anche il tuo sogno per il futuro nel mondo del basket?
“A Peschiera sto bene, è una realtà in continua crescita anche con l’innesto di due figure come Marco Ibba, Team Manager, e Roberto Pifferi, che si occupa del settore giovanile e con cui collaboro regolarmente per monitorare i nuovi giovani che potranno essere i futuri componenti della prima squadra. Non nascondo che un giorno mi piacerebbe tornare ad allenare il femminile ad alto livello, anche se il mio sogno sarebbe quello di aprire un centro di miglioramento individuale per giocatori che vogliano lavorare non tanto per il risultato, ma su se stessi dal punto di vista tecnico e del gioco”